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La profezia di don Luigi Sturzo: gli Stati Uniti d'Europa dall'Atlantico agli Urali

Scritto da Servire l'Italia Il .

Intervento di Giovanni Palladino all'Accademia Angelico Costantiniana.
Roma, 25 marzo 2017

1.”COMMERCIUM ET PAX”: UNA UTOPIA IN CUI BISOGNA CREDERE

All’inizio del 16° secolo fu scritto con grande evidenza all’ingresso del porto di Amsterdam un auspicio in latino - tuttora leggibile - che apriva il cuore alla speranza: “COMMERCIUM ET PAX”. Era ovviamente un augurio rivolto alle navi cariche di beni di consumo e non alle navi cariche di cannoni. Ma nei secoli successivi le navi con i cannoni non sono scomparse (tutt’altro!), anche se le navi commerciali sono aumentate di numero e di peso. Tuttavia nessuna nave commerciale potrà mai battere il costo record della portaerei a propulsione nucleare appena varata dagli Stati Uniti: $3 miliardi!

Purtroppo oggi quell’auspicio di oltre 500 anni fa (“COMMERCIUM ET PAX”) può sembrare ancora un’utopia, se Papa Francesco è giunto a parlare di terza guerra mondiale combattuta “a rate” e se vi è un pericoloso ritorno agli egoismi nazionalistici, che si sperava potessero essere sconfitti con l’avanzare dell’integrazione economica mondiale. Eppure è una utopia - quella del commercio internazionale che favorisce la pace - in cui bisogna credere, ricordando quanto sosteneva Oscar Wilde: “il progresso umano è il risultato dell’avverarsi di utopie”.

 

2. “UT UNUM SINT”: IL DIRITTO DI GUERRA POTRA’ ESSERE ABOLITO

Nel lontano 1928 a Londra don Luigi Sturzo (fondatore nel 1919 del Partito Popolare Italiano e costretto dal fascismo all’esilio nel 1924 per ben 22 anni) scriveva un libro profetico (“La comunità internazionale e il diritto di guerra”), un libro che fu allora ritenuto utopistico. Nel lungo termine, egli sosteneva, il diritto di guerra potrà essere abolito con il graduale abbattimento delle barriere economiche e politiche, barriere che sono sempre state causa di sanguinosi conflitti. Con gli accordi economici, scriveva Sturzo, si favoriranno poi le unioni politiche. In questo libro egli fu il primo a parlare della necessità di costituire gli Stati Uniti d’Europa come prima tappa del lungo processo dell’integrazione economica mondiale (e Adenauer gli riconobbe questo suo merito di primo costruttore dell’Unità Europea, quando la sera di 60 anni fa - invece di partecipare alla cena di festeggiamento al Quirinale - si recò a ringraziarlo nella sua piccola stanza presso il Convento delle Suore Canossiane, stando con lui per due ore):

Gli Stati Uniti d’Europa non sono una utopia, ma soltanto un ideale a lunga scadenza con varie tappe e con molte difficoltà. Occorre procedere a una revisione doganale, che prepari una unione economica con graduale sviluppo, fino a poter sopprimere le barriere interne. Il resto verrà in seguito”.

Sturzo riteneva che l’integrazione economica mondiale fosse un processo inarrestabile per giungere un giorno a un obiettivo evangelico di pace fra tutti i popoli: “UT UNUM SINT”. Il fatto straordinario, che conferma le sue grandi capacità profetiche o di “visione”, è che nel 1928 nel mondo si stavano ricreando le condizioni per un’altra devastante guerra mondiale, perché sotto la “cenere” della pace si stava riaccendendo il “fuoco” del nazionalismo, fenomeno che con la globalizzazione non poteva e non può andare d’accordo. Ma il sacerdote siciliano guardava lontano e riteneva naturale che prima o poi la razionalità dell’auspicio “COMMERCIUM ET PAX” sarebbe prevalsa a livello mondiale. Purchè - egli sottolineava - gli uomini della politica e dell’economia siano capaci di ben gestire quel complesso fenomeno.

“Dopo la tragica guerra civile americana del secolo scorso, una guerra tra la Louisiana e l’Illinois non è più immaginabile, così come un giorno una guerra tra la Francia e la Germania non sarà più immaginabile, se tra i due paesi si realizzerà una integrazione economica e politica. Un giorno il comunismo verrà sconfitto e sarà possibile creare una Grande Europa dall’Atlantico agli Urali. Così la pace finalmente regnerà nel nostro meraviglioso Continente, sempre colpito da guerre sanguinose. E verrà poi il giorno in cui, grazie al processo di globalizzazione, si giungerà agli Stati Uniti del Mondo con una sola moneta in circolazione.

Non bisogna avere paura della potenza enorme che ha acquistato e acquista sempre più il capitalismo internazionale che, superando confini statali e limiti geografici, viene quasi a costituire uno Stato nello Stato. Tale timore è simile a quello per le acque di un fiume. Davanti al pericolo di uno straripamento, gli uomini si sforzano di garantire città e campagne con canali, dighe e altre opere di difesa. Nello stesso tempo lo utilizzano per la navigazione, l’irrigazione, la forza motrice e così via. Il grande fiume è una grande ricchezza, ma può diventare un serio danno; dipende dagli uomini evitare questo. Quello che non dipende dagli uomini è che il fiume non esista.”

 

3. I VALORI MORALI COME “PIETRA D’ANGOLO” DELL’AZIONE UMANA

L’integrazione economica mondiale è quindi un fenomeno inarrestabile, anche se non sarà mai continuo e senza ostacoli. L’attuale crisi o freno del processo di globalizzazione dipende dagli squilibri causati dalle forti diversità delle condizioni strutturali delle economie dei tanti paesi partecipanti al commercio mondiale. Sino alla fine degli anni 70 erano soltanto 31 i naviganti nel fiume dell’economia internazionale. Oggi questo numero è più che quintuplicato. Sono diversità strutturali del tutto naturali, che nel tempo dovranno essere ridotte ed eliminate.

La profezia sturziana dell’abolizione del diritto di guerra parte dal concetto di “comunità” inteso come “gruppo sociale i cui componenti condividono tradizioni, idee o interessi e che agisce come un tutto organico”. Nel corso dei secoli non solo la comunità internazionale, ma anche tante comunità locali e nazionali sono state dominate da tradizioni, idee e interessi non condivisi e spesso conflittuali, che hanno tolto organicità e pace al vivere in comune. Non si è vissuti in comunione, ma in disunione , anche perché per lungo tempo hanno prevalso la prepotenza e l’avidità di ristrette classi dirigenti aristocratiche, che lasciarono nella povertà e nell’ignoranza i loro sudditi, considerati più “oggetti” che non soggetti della società. Il diritto di guerra o addirittura la guerra giusta erano spesso giustificati a difesa degli esclusivi interessi di quelle classi “onnipotenti”. Inutile sottolineare quanto sia stata per nulla organica e ben poco cristiana quella “non comunità” nazionale e internazionale.

Da dove nasce la speranza di Sturzo? Dalla natura essenzialmente razionale dell’uomo, che prima o poi capirà la profonda irrazionalità del “viver come bruti” tra guerre continue, mentre Dio ci ha creato “per seguir virtute e conoscenza”, come fece dire Dante a Ulisse. Dostoevskij sosteneva che la bellezza salverà il mondo. Ma è anche la conoscenza, è anche la buona cultura che lo salveranno. Il massimo dell’irrazionalità è la guerra; il massimo della razionalità è la pace. Verrà il giorno - profetizzò Sturzo - in cui la retta ragione riuscirà a creare le condizioni per vivere in una vera comunità di nome e di fatto. Le tre condizioni-base sono, in ordine di importanza, di tipo morale, di tipo economico e di tipo politico.

Mai le sole forze economiche o i soli propositi politici - egli scrisse nel suo libro del 1928 - hanno potuto influire sulla psicologia dei popoli senza il pungolo, la spinta e l’aiuto dei valori morali. Questi trasformano le stesse attività economiche e politiche, elevandole ad un ordine superiore e dando a esse l’impronta della propria grandezza”.

Nel pensiero sturziano, in quanto pensiero profondamente cristiano, i valori morali rappresentano la solida “pietra d’angolo” dell’azione umana. Nel corso della Storia l’uomo ha costruito tanto e bene, quando ha posto la forza morale alla base del suo agire. E ha distrutto tanto, quando questa forza è mancata. Costruzioni grandiose solo di facciata, ma prive della forza della retta ragione (che sta alla base dell’azione fondata sui valori morali), sono poi miseramente crollate travolgendo tanti uomini potenti e i loro sudditi. La Storia è un libro aperto su questa verità. Il mondo è vissuto per lunghi secoli in presenza di “non comunità” conflittuali, con idee, ideologie e interessi divergenti. E tuttora vive in un clima di pericolosa tensione.

 

4. GLI STATI UNITI TEMONO (SBAGLIANDO) LA GRANDE EUROPA

Il comunismo è morto in Europa, come aveva previsto Sturzo, ma gli Stati Uniti d’Europa non sono ancora uniti in un sistema economico efficiente e il confine degli Urali è ancora lontano. All’inizio di questo secolo, con il forte sviluppo degli scambi commerciali e degli investimenti tra Est e Ovest, sembrava che si potessero creare le condizioni per la nascita della Grande Europa auspicata da Sturzo. Ma con i paesi dell’UE che ormai procedono a due velocità, con il dannoso contagio della crisi finanziaria importata da Wall Street e soprattutto con il conflitto in Ucraina e con le conseguenti sanzioni economiche contro la Russia, il sogno dell’Europa dall’Atlantico agli Urali è per il momento rinviato. Può essere davvero realizzato? Sì, perché è nella logica del processo storico profetizzato da Sturzo.

A chi spetta il primo passo per la riconciliazione, che sembrava prossima all’inizio di questo secolo? Ovviamente spetta sia all’Est che all’Ovest. Ma il maggiore contributo per giungere alla Grande Europa potrà essere fornito dagli Stati Uniti, che non hanno mai visto con favore la profezia di Sturzo, anzi la temono con poca lucidità strategica, in tal modo allontanandosi dall’obiettivo di un mondo ricco di pace e povero di guerre. Due gli ostacoli: la potente “lobby” delle armi Usa che ha sempre bisogno di avere un nemico, e il re dollaro, che ora teme di essere spodestato dal suo comodo (ma ormai insostenibile) trono. “AMERICA FIRST” vuol dire soprattutto “DOLLARO FIRST”.

 

5. IL CHIARIMENTO STORICO DI SOLZHENITSIN

Non vi è dubbio che vi sia lo “zampino” degli Stati Uniti all’origine della crisi ucraina, che ha interrotto un periodo di promettente “apertura” economica tra l’UE e la Russia, “apertura” mai vista con favore oltre Atlantico. Il passaggio del potere da Yanukovych (sostenuto da Putin) a Poroshenko (sostenuto da Obama più che dall’UE) non è certo avvenuto nel rispetto di regole democratiche. E l’inevitabile conflitto che ne è seguito tra l’Ucraina dell’Ovest e l’Ucraina dell’Est rappresenta una sciagura per tutti, considerando anche quanto giustamente precisava il 9 maggio 1994 Solzhenitsin in una intervista pubblicata dalla rivista americana FORBES. Alla domanda: “Secondo Brzezinski, consigliere di Carter per la sicurezza nazionale, gli Stati Uniti devono difendere l’indipendenza dell’Ucraina; è giusto?”, ecco come rispondeva il famoso scrittore russo:

“Nel 1919 Lenin, quando impose il suo potere anche sull’Ucraina, le regalò molte province russe per conquistarne le simpatie. Storicamente queste province non fecero mai parte dell’Ucraina. Mi riferisco all’attuale territorio del sud-est ucraino. Poi nel 1954 Krushev, con l’arbitrarietà capricciosa di un satrapo, regalò la Crimea all’Ucraina. Ma non riuscì a regalarle Sebastopoli, che rimase una città separata sotto la giurisdizione del governo centrale dell’Unione Sovietica. Ciò fu approvato dagli Stati Uniti, dapprima verbalmente dall’ambasciatore Usa a Kiev, Mr. Papadiuk, e in seguito in maniera ufficiale.

Ma se ricordiamo l’incauta dichiarazione del Presidente Bush a sostegno della sovranità dell’Ucraina prima del referendum, si capisce qual è oggi il vero obiettivo degli Stati Uniti: usare tutti i mezzi possibili, senza badare alle conseguenze, per indebolire la Russia”.

E alla successiva domanda del giornalista: “Ma perché l’indipendenza dell’Ucraina dovrebbe indebolire la Russia?”, Solzhenitsin rispose: “Come conseguenza dell’improvvisa e drammatica frammentazione dei popoli slavi, i nuovi confini hanno lacerato milioni di legami famigliari e di amicizia. Tutto questo è accettabile? Ad esempio, le recenti elezioni in Ucraina hanno dimostrato chiaramente le simpatie filorusse dei cittadini della Crimea e di Donetsk. E un sistema democratico deve rispettare questi sentimenti. Io stesso sono quasi mezzo ucraino. Sono cresciuto in una zona dove si parlava anche la lingua ucraina, amo la cultura ucraina e auguro sinceramente all’Ucraina un futuro di sviluppo e di successi, ma solo all’interno dei suoi veri confini etnici, senza avere bisogno di possedere territori, che in realtà appartengono storicamente alla Russia”.

 

6. MOSCA DEVE “APRIRSI” ALL’OVEST

Quanto sia vera la convinzione storico-culturale di Solzhenitsin, espressa ben 23 anni fa, fu confermata nell’autunno del 2014 dalle elezioni nel sud-est dell’Ucraina, dove la stragrande maggioranza della popolazione votò per l’autonomia da Kiev. Fu un logico e naturale risultato democratico, che doveva essere rispettato da tutti, anche dagli Stati Uniti, il cui miope obiettivo strategico è sempre stato quello di indebolire la Russia.

Ma questo indebolimento giova all’Europa? Ovviamente no, perché dopo la caduta del muro di Berlino non è più giustificato un clima di guerra fredda. Agli europei conviene non solo che Kiev si apra verso l’Ovest, ma soprattutto che lo faccia Mosca. Per l’Europa la decisione più giusta sarebbe quella di favorire l’autonomia amministrativa della popolazione filorussa nel sud-est dell’Ucraina, di chiudere un occhio sul naturale ritorno della Crimea in Russia (ritorno ben accettato da quel popolo, perché si sente più filo-russo che non filo-ucraino) e di invitare anche Putin a far parte della NATO, dopo che la NATO ha ampiamente violato l’accordo - sottoscritto da Bush e da Kohl con Gorbaciov nel 1990 - di non “avvicinarsi” troppo ai paesi dell’Est europeo).

Con questa soluzione non si sarebbero avuti tanti morti nella guerra in Ucraina e si sarebbero evitate le sanzioni economiche contro Mosca, che si stanno rivelando un boomerang per l’economia europea, in particolare per la Germania e per l’Italia, molto danneggiate dal blocco delle esportazioni verso la Russia. Fu quindi un grave errore che nell’autunno del 2014 gran parte dei governi europei abbiano giudicato illegali le elezioni nei territori ucraini filo-russi per timore di essere criticati da Washington, che invece nel 1999 ci diede la luce verde per bombardare la Serbia al fine di frantumare la Jugoslavia e di aiutare i separatisti albanesi nel Kosovo.

 

7. IL “DOLLAR-STANDARD” NON HA FUTURO

Perché due pesi e due misure? Perché agli Stati Uniti faceva comodo la fine della Jugoslavia, rispettando giustamente la volontà dei popoli slavi e il loro diritto all’autodeterminazione, mentre ora fa comodo negare questo diritto agli ucraini filo-russi per creare un problema a Mosca e allontanarla da una più stretta unione con l’Europa. Miopemente gli Stati Uniti non capiscono che questa unione sarebbe anche nel loro interesse, perché aiuterebbe il processo di integrazione politica ed economica di due aree (il Nord America e l’Europa allargata dall’Atlantico agli Urali), integrazione di cui il mondo ha un gran bisogno per vivere in pace e per opporsi con maggiore efficacia a chi non vuole vivere in pace. Impedire alla Russia di avvicinarsi all’Ovest, come se solo Kiev sia ritenuta degna di tale avvicinamento, è un grave errore politico ed economico.

L’Europa deve poi avere il coraggio di dire che la “pax americana”, come la intende Washington, si basa su un privilegio ormai indifendibile, ossia sul mantenimento di un sistema monetario internazionale molto pericoloso per tutti: è il “dollar-standard” nato il 15 agosto 1971 con la dichiarazione di inconvertibilità del dollaro in oro decisa da Nixon. E’ un sistema criticato sin dal 1944 da Luigi Sturzo all’indomani dell’accordo monetario di Bretton Woods, quando egli scrisse che una moneta nazionale (e si riferiva al dollaro) non può fungere anche da moneta internazionale per i gravi danni che questo vantaggio - se gestito male dal Paese emittente – creerebbe al resto del mondo. La gestione è stata pessima, perché gli Stati Uniti hanno sfruttato il ruolo internazionale del dollaro per accumulare un enorme disavanzo della loro bilancia commerciale (oltre $10.000 miliardi in 40 anni!), che altri paesi hanno “coperto” con il ritorno obbligato di questi dollari verso gli Stati Uniti attraverso l’acquisto di titoli di Stato Usa (emessi in gran quantità per coprire un altrettanto enorme debito pubblico) e attraverso l’investimento in beni reali in quel Paese.

E’ ormai evidente che il vantaggio, di cui lo zio Sam gode da oltre 70 anni, può presto ritorcersi contro gli Stati Uniti e contro il dollaro. Il troppo stroppia, si dice, e ora si parla di “de-dollarizzazione” del sistema monetario internazionale per basarlo su una moneta neutrale o super-partes come i DSP (Diritti Speciali di Prelievo). Questi esistono da tempo, ma sono stati sempre boicottati da Washington, che non si è mai preoccupato di accumulare riserve valutarie e oro per dare forza alla sua moneta. La forza al dollaro è sempre derivata dal ruolo degli Stati Uniti come leader politico, economico e soprattutto militare a livello mondiale.

Ma prima o poi questo ruolo diventa insostenibile, se la moneta è gestita male e se si ritiene che basti stamparla in gran quantità per correggere gli errori della sua cattiva gestione. Se poi a questi si aggiunge la “minaccia” di Trump di varare una politica economica protezionista, l’immagine di credibile leader mondiale viene a cadere.

 

8. LA GRANDE OPPORTUNITA’ STORICA OFFERTA A KIRIL E FRANCESCO

Per evitare questa caduta, dannosa per tutti, è nell’interesse degli Stati Uniti riconoscere che sulla questione ucraina Putin ha ragione (come l’autorevole testimonianza storica di Solzhenitsin ci conferma) e che soprattutto merita di essere realizzata la profezia sturziana di una Europa unita dall’Atlantico agli Urali. Ma se i paesi dell’attuale Unione Europea continuano a litigare, con alcuni paesi - come l’Italia - che non hanno l’umiltà di riconoscere i tanti errori di politica economica compiuti nel passato e di volerli correggere con le necessarie “medicine”, non sarà possibile alzare lo sguardo verso obiettivi più ambiziosi.

Ma Putin ha tanti “difetti”, si obietta, ed è un “aggressore”. E’ il caso di dire “chi è senza peccato scagli la prima pietra…”, perché anche gli americani e gli europei sono pieni di “difetti” e di “aggressioni”. Sarà difficile correggere queste colpe, se dovessimo entrambi - all’Est e all’Ovest - continuare a dividerci e a isolarci, anziché proseguire sulla strada intelligente dell’integrazione economica mondiale. Molto meglio la guerra a colpi di prezzi e di concorrenza competitiva rispetto alla guerra a colpi di bombe.

E’ il clima diffuso di “COMMERCIO E PACE” e non quello di “COMMERCIO E GUERRA” (voluto da certi “poteri forti” ancora dominanti) che può ridurre le attuali tensioni politiche e sociali, che generano sempre paura e incertezza. E’ quindi tempo di larghe intese a livello internazionale per consentire - con l’avverarsi di certe utopie, come la grande Europa dall’Atlantico agli Urali - la continuazione pacifica del progresso umano.

In tale prospettiva un accordo storico di unione morale e spirituale (“UT UNUM SINT”) tra il Patriarca Kiril e Papa Francesco fornirebbe quella solida “pietra d’angolo” di cui il mondo della politica e il mondo dell’economia hanno un gran bisogno, seguendo quella “caritas in veritate” di cui anche questi due mondi si devono “corazzare”. Sono i valori morali condivisi, diceva Sturzo, che nobilitano e rafforzano le attività politiche ed economiche. Se quei valori vengono calpestati, “invano edificano i costruttori”, come la lunga storia dell’umanità ci ha sempre dimostrato. Una lunga storia per lo più dominata dalla NON CIVILTA’ DELL’ODIO, che ha calpestato la possibile CIVILTA’ DELL’AMORE, civiltà possibile solo se riusciremo a realizzare in tutto il mondo l’intelligente, logica e razionale utopia dello sviluppo degli scambi commerciali in un clima di pace.

L’incontro dello scorso anno a Cuba tra Kiril e Francesco è un primo passo per una loro più solida intesa, ma risulterà inutile finchè la loro Autorità Spirituale si dimostrerà - per una miope diplomazia del quieto vivere - sottomessa al Principe. Nel nostro CREDO diciamo che Gesù “fu crocifisso per noi SOTTO Ponzio Pilato”. Da molti secoli tutti gli esseri umani, creati per essere liberi ma responsabili, non dovrebbero più essere costretti a vivere SOTTO il dominio e il controllo di qualcuno. Semmai è quel “qualcuno” che dovrebbe avere l’umiltà e l’intelligenza di governare sotto il controllo e nel rispetto di una Autorità veramente superiore, che gli sta SOPRA, perché è di natura spirituale. E finchè la parola DEMOCRAZIA si dimostrerà vuota di vero contenuto, il mondo continuerà a vivere senza vera libertà e senza vera giustizia, con poco bene e tanto male.