Genesi e sviluppo del popolarismo sturziano
EUGENIO GUCCIONE
Università degli Studi di Palermo
Intervento
Genesi e sviluppo
del popolarismo sturziano
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In occasione del gemellaggio tra il Lions Club di Siracusa e il Lions Club di Caltagirone
Sala consiliare comunale di Caltagirone, 17 giugno 2017, ore 10
È quanto mai opportuno oggi, assediati come siamo da movimenti populisti di vario colore, cogliere l’essenza, capire cosa si debba intendere per populismo e per popolarismo, perché la comune etimologia, la comune radice dei due termini, potrebbe trarre in inganno.
Per farla breve sin dall’inizio, mi affretto a precisare che dai dizionari della lingua italiana il significato della parola «populismo» è dato, per lo più, in senso negativo, come movimento demagogico volto a esaltare il popolo e ad assecondarne le aspettative indipendentemente da ogni valutazione e opportunità, mentre la parola «popolarismo» è spiegata come un democratico atteggiamento di apertura, nell’equilibrio del bene comune, verso le classi sociali meno abbienti. In questa solenne circostanza, tralasciando il populismo come fenomeno storico e ideologico, è proprio sulla nascita e lo sviluppo del «popolarismo» che dovrò soffermarmi.
Teorico, sostenitore e primo realizzatore dell’idea di popolarismo fu Luigi Sturzo, di cui fra due anni, nel 2019, ricorrerà il sessantesimo anniversario della morte in coincidenza con il centenario della fondazione del Partito Popolare Italiano, sua diretta filiazione politica. La parola “popolarismo” fu coniata da lui. È lo stesso politologo cattolico a rivelarlo e a rilevarlo. «Questa (parola) – egli dichiara nel 1928 – è stata usata da me la prima volta nel volume Riforma statale e indirizzi politici […]».(1)
Per Sturzo il «popolarismo» è una dottrina politica elaborata «in nome della libertà contro due monopoli, quello dello Stato accentratore per tradizione liberale [e] quello marxista dei socialisti nel campo operaio».(2) Da tale dottrina il Partito Popolare Italiano, come «concretizzazione organizzativa, ha la sua ragion d’essere, la sua ispirazione e la sua finalità». In tali espressioni è possibile notare come egli colga la reciprocità di influsso tra l’idea e il fatto, tra il pensiero e l’azione, e, in pari tempo, rivendichi la legittimità della denominazione data al partito da lui costituito.
In precedenza Sturzo aveva criticato la vaghezza e l’astrattezza del termine “democrazia”, tanto che – egli spiega – coloro che ne avevano fatto uso erano stati costretti ad aggiungervi un «aggettivo modificativo», un aggettivo qualificativo. Così si era avuta «la democrazia liberale, la democrazia radicale, la democrazia nazionale, la democrazia cristiana». In Francia, addirittura, era sorto il Parti democrate populaire, nella quale denominazione si utilizzavano due aggettivi qualificativi con il medesimo significato e, cioè, democratico e popolare.
In Italia, invece, si era ricorso al solo popolare: dal quale aggettivo poteva bene dedursi «come uso specificativo, la parola astratta teorizzante di popolarismo». E, più avanti, aggiunge: «[…] mi sono sforzato di chiarire la portata teorica di questo sistema che ho chiamato popolarismo, non per vano desiderio di creare una parola nuova, ma per obbligo di dare un nome ad un movimento di idee politico e sociale, che aveva le sue concrete realizzazioni sul terreno dell'azione, in modo da opporlo ai sistemi, oggi predominanti, che si chiamano liberalismo, radicalismo, socialismo, fascismo, nazionalismo, comunismo, bolscevismo e simili». A suo giudizio il problema fondamentale sul quale poggiare una simile teorizzazione «è e non può essere che politico».(3)
Sturzo, parlando di popolarismo, si compiace di presentarlo come una dottrina politica, perché lo ritiene un sistema organico di idee risultante da una particolare visione della realtà e da una conseguente analisi delle vicende politiche. La visione è quella cristiana, alla luce della quale sarebbero interpretati i fatti e affrontati i problemi della società civile. Il popolarismo, quantunque, come neologismo, come nuovo vocabolo, sia stato forgiato da Luigi Sturzo e da lui sia stato elaborato come una teoria dello Stato, concretizzatasi nel Partito Popolare Italiano, tuttavia, come concetto, ha radici anteriori alla figura e all’opera del sacerdote siciliano. Tali radici si riscontrano nella secolare tradizione filosofico-politica di ispirazione cristiana, nella dottrina sociale della Chiesa e, in particolare, nel magistero di Leone XIII, sotto la spinta del quale, tra la fine del secolo XIX e l’inizio del XX, nacquero e si svilupparono il movimento cattolico europeo e la prima democrazia cristiana, l’uno e l’altra turbati dall’ondata modernista, come avvenne col caso Murri, ma prevalentemente rimasti fedeli all’insegnamento pontificio.
Il sostantivo “popolo” e lo stesso aggettivo “popolare” erano stati adottati nel lessico istituzionale sin dal Medio Evo, allorquando si parlava di Regime di popolo o di Regimento popolare e si usavano altre espressioni simili. E, in tempi più recenti, nel 1904, quando, sciolta con provvedimento della segreteria di stato vaticana l’Opera dei Congressi, sorsero al suo posto tre organizzazioni distinte e dipendenti dalla gerarchia ecclesiastica, delle quali una fu, appunto, chiamata Unione popolare. A questa – rispetto alle altre due, l’Unione economico-sociale e l’Unione elettorale – fu affidato un ruolo primario, poiché essa curava l’organizzazione sociale del mondo cattolico e promuoveva le Settimane sociali dei cattolici italiani, convegni finalizzati alla discussione dei problemi più scottanti del tempo, quali la questione operaia, la questione contadina, la famiglia, il divorzio, la legislazione sociale in genere. Sturzo, risalendo a un’epoca più remota, confessa che la «parola popolo, nel significato latino del Senatus Populusque Romanus piacque sempre ai cattolici per indicare insieme la volontà collettiva e la gerarchia sociale; un principio di ordine e di consenso classico nel senso vero della parola»(4)
È significativa, sempre tra il XIX e il XX secolo, la riscoperta e la rivalutazionedi Girolamo Savonarola con i tentativi di riconoscerne l’ortodossia e di presentarlo nella veste di «riformatore popolare», operante nello spirito del Vangelo. L’iniziativa fu presa da quella prima schiera di democratici cristiani che ebbe come maggiori e qualificati esponenti e pubblicisti Giuseppe Toniolo, Romolo Murri, Filippo Meda, Vincenzo Mangano, Ignazio Torregrossa e i fratelli Mario e Luigi Sturzo. Per costoro l’occasione si offerse propizia nel 1898, in ricorrenza del quarto centenario dell’impiccagione del frate domenicano. Da quell’anno e per molto tempo dopo, corrispondente al periodo di formazione politica dei cattolici e alla grande vigilia del popolarismo, l’interesse per il Savonarola, antesignano del «concetto cristiano di democrazia», toccò le più alte punte e si tradusse in una entusiastica fioritura di saggi, di conferenze e di articoli che, lungi dalle comuni e vane forme retoriche proprie delle circostanze commemorative, mise in evidenza gli aspetti ancora validi e attuali del pensiero politico e sociale savonaroliano.
Filippo Meda – solo per citare uno dei più autorevoli del gruppo – elenca i titoli morali e politici del frate di San Marco per i quali si debba dargli un «posto d’onore» tra i democratici d’ispirazione cristiana. L’austerità incrollabile, il merito d’avere fondato «una schietta democrazia» sui principi cristiani «garantita dalla virtù popolare», il fatto d’essere stato «vittima di una persecuzione spietata» gestita da Alessandro VI, il famigerato Papa Borgia, sono «lati interessantissimi della sua fortunosa esistenza e lo collocano tra i benemeriti di quel movimento sociale cristiano, il quale, attraverso i secoli, or palese, or celato, segna il filo dell’azione provvidenziale ed il cammino contrastato della civiltà vera».(5) Savonarola, insomma, avrebbe le carte in regola per essere considerato un pioniere del popolarismo, sia per avere avuto «un’idea omnicomprensiva di popolo », sia per avere costituito a Firenze un governo popolare.
Su tale scia, nel 1919, la prima manifestazione del PPI era stata un appello «A tutti gli uomini liberi e forti», capaci, in un periodo di grave crisi morale e politica, di sentire «alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, […] perché uniti insieme» propugnassero «nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà». Il programma del PPI si apriva con l’impegno a sostenere l’integrità della famiglia, la difesa di essa contro tutte le forme di dissoluzione e di corruzione, il voto alle donne, la tutela della moralità pubblica, l’assistenza e la protezione dell’infanzia, e continuava dando piene garanzie per l’attuazione di una politica interna favorevole all'introduzione della legislazione sociale, allo sviluppo della cooperazione, alla riforma tributaria e a quella agraria (incremento della piccola proprietà contadina), al decentramento amministrativo, alla difesa della libertà dell'insegnamento, al disarmo universale, alla pace.(6)
Il Partito Popolare Italiano - al contrario del futuro partito della Democrazia cristiana, da cui lo stesso Sturzo prenderà le distanze dicendo che tra il popolarismo e questa «ci sono varie differenze di orientamento e di metodo»(7) - rimarrà tenace paladino della laicità della politica, tanto d’avere riscosso larghi giudizi positivi dalla critica storica. Agli occhi di Piero Gobetti «soltanto l’abilità e la profonda onestà ideale» di Sturzo «seppero evitare all’equivoca azione del partito i due scogli dell’eresia, che gli avrebbe tolto ogni importanza pratica, e del confessionalismo, che l’avrebbe ridotto idealmente a un’inerte contraddizione»(8). Per Federico Chabod il Ppi «costituisce un fatto di estrema importanza, l’avvenimento più notevole della storia italiana del XX secolo»(9). Giovanni Spadolini scorge nella proclamata laicità del popolarismo «l’autentica “rivoluzione sturziana”: il taglio netto fra clericalismo e cattolicesimo sociale, la rivendicazione perfino orgogliosa – da parte di un sacerdote – dell’autonomia dei cattolici nelle sfere della vita civile».(10)
Altra marcata caratteristica della dottrina del popolarismo è l’associazionismo, di cui Sturzo fece esperienza sin dai primi anni della sua attività sociale. Egli, lanciando una sfida ai socialisti, diede vita ad associazioni cooperativistiche di ogni tipo a favore di contadini, operai, artigiani. Costoro, esclusi dalla partecipazione alla vita pubblica e privati finanche dal diritto di voto, trovavano, in compenso, grazie a quelle associazioni non solo la maniera di fare giungere all’esterno la loro voce di protesta o di proposta, ma anche, con le loro discussioni, le elezioni per le cariche direttive e, magari, con le loro polemiche e i loro litigi, la maniera di fare esercizio di democrazia, di abituarsi, di educarsi civicamente al dibattito democratico. E, se fuori essi – questi contadini, operai, artigiani – non valevano nulla, dentro le loro cooperative cominciavano a diventare protagonisti di una nuova realtà destinata a incidere sulle stesse sorti dell’Italia. Si pensi, per esempio, solo alla conseguente organizzazione dei partiti di massa.
Anche l’europeismo e il cosmopolitismo sono parte integrante del popolarismo. Sturzo, fermo assertore dei valori della persona e soprattutto della fratellanza dei popoli, sostiene che – così come le nazioni moderne, malgrado i contrasti e le guerre «si formarono col passaggio delle unità locali, città, contee e province, in unità superiori, regni, stati, nazioni» – è altrettanto «prevedibile che lo stesso passaggio avvenga da nazioni a gruppi internazionali a carattere regionale e continentale e da questi ad unità intercontinentali, e così via fino a una rappresentanza di tutti i popoli nel parlamento mondiale».(11)
Per quanto concerne l’Europa i federalisti possono contare sulla «logica della storia che lega i fatti alle premesse». Se si ha fede nella «potenza dell’ideale», la vittoria è certa. Qui è concentrata tutta l’essenza dello storicismo sturziano, che, ovviamente, riconosce che la storia è il risultato della collaborazione tra due elementi: da un lato la libera azione dell’uomo, da cui spesso emergono la disarmonia, il male e il contrasto dei diversi eventi, dall’altro l’intervento correttivo della Provvidenza che dà il senso e la continuità all’esistenza dell’umanità. Agli occhi del teorico del popolarismo la federazione europea, intanto, «non può essere il prodotto di accomodamenti politici, o rappresentare gruppi di interessi nazionalistici e privati; ma deve essere la espressione di popoli che tendano all’unificazione perché legati da tradizioni millenarie di civiltà, da comunione di aspirazioni e di vita per un avvenire di benessere e di pace».(12) Per lui gli Stati Uniti d’Europa non sono un’utopia, ma soltanto un ideale a lunga scadenza, con varie tappe e con molte difficoltà.
Il processo d’integrazione europea ha trovato e trova nel popolarismo un’eccezionale linfa dottrinale e una forte spinta politica. L’Europa dei Sei, base storica dell’attuale Unione, ebbe promotori e artefici di matrice popolare, quali Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer e Robert Schuman. Il popolarismo, durante le due guerre mondiali, si era diffuso in molti paesi d’Europa, tanto che Luigi Sturzo, durante il suo esilio, con la collaborazione dell’avvocato modenese Francesco Luigi Ferrari, aveva lanciato un progetto di «Internazionale bianca» in contrapposizione alla «Internazionale rossa», con il preciso proposito di raccogliere sotto un’unica bandiera i gruppi e i partiti popolari del Vecchio Continente. L’iniziativa, anche se, per il precipitare degli eventi bellici, non ebbe lo sperato successo, tuttavia servì a fornire ai sostenitori i necessari elementi per avere una chiara visione della situazione europea e, in special modo, della disponibilità delle forze democratiche e liberali per la creazione e l’appoggio di organismi politici europei al di sopra degli Stati nazionali. Il patrimonio dottrinale del popolarismo, nonostante l’odierna crisi di identità e di valori, non è andato perduto. Non esiste – è vero! – un diretto, fedele erede. Non lo è neppure il Partito Popolare Europeo, sorto sulla scia sturziana nel 1976, e, ora, inquinato da un’incontrollata apertura a partiti e partitini di incerta o, peggio, di discutibile provenienza ideologica. Ma la influenza del popolarismo si avverte, qua e là, allorquando si parla in senso cristiano di rivendicazione dei diritti inalienabili dell’uomo (quali una vita dignitosa, la libertà e la proprietà) e della difesa delle classi lavoratrici e dei meno abbienti. In Italia qualche movimento, impegnandosi a praticare la politica come servizio alla collettività, si fa interprete di un neopopolarismo, postulante l’esigenza e l’opportunità di un ritorno ai contenuti sturziani aggiornati dalla più recente dottrina sociale della Chiesa. Buon segno a conferma dell’interesse per un antico e sempre attuale e attuabile progetto.
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(1) L. Sturzo, Scritti storico-politici 1926-1949, Roma, 1984, p. 35. Cfr. E. Guccione, Il popolarismo come teoria dello Stato,
in «Charta minuta», 2009, n. 15, pp. 26-36.
(2) L. Sturzo, Al lettore, in S. Jacini, Storia del Partito Popolare Italiano, Napoli, La Nuova Cultura Editrice, 1971, p. 14.
(3) L. Sturzo, Scritti storico-politici 1926-1949, cit., p. 35.
(4) Ivi, p. 31.
(5) F. Meda, Nella storia e nella vita: saggi storici, religiosi e letterari, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1903, p. 221.
(6) Cfr. E. Guccione, Cattolici e democrazia, Palermo, Ila Palma, 1988, nella cui appendice, pp. 75-101, sono riportati
l’introduzione di Alessandro Cantono al programma del Partito Popolare Italiano, l’appello, il programma, lo statuto e le
norme per il funzionamento delle sezioni.
(7) L. Sturzo, Scritti storico-politici 1926-1949, cit., p. 236.
(8) P. Gobetti, Scritti politici, a cura di P. Spriano, Torino, 1969, p. 978.
(9) F. Chabod, L’Italia contemporanea, 1918-1948, Torino, 1961, p. 43.
(10) G. Spadolini, Il laico Sturzo, in «il Resto del Carlino», 9 agosto 1959.
(11) L. Sturzo, Nazionalismo e internazionalismo - 1946, Bologna, Zanichelli, 1971, p. 226.
(12) Cfr. Un messaggio di Don Luigi Sturzo, in «Europa Federata», 15 maggio 1949, p. 5.